S. Agostino:
il perché di una scelta
Agostino nacque a Tagaste in Numidia
il 13 novembre 354 da Patrizio e da. Pur studiando prima a Cartagine
e poi Roma e Milano, condusse in giovinezza una vita sregolata,
durante la quale si accostò al manicheismo e successivamente
al neoplatonismo. Grazie all'influsso e alle preghiere della madre
Santa Monica e in seguito alla predicazione di che ascoltò
a Milano, Agostino si convertì al cristianesimo combattendo
contro il materialismo con il "principio dell'interiorità":
lo studio dei filosofi antichi lo aiutò a scoprire all'interno
del proprio io la luce del vero arrivando così alla percezione
di Dio. Da sant'Ambrogio ricevette il battesimo a Milano il 25 aprile
387. Tornò in Africa per dedicarsi alla vita monastica di preghiera
e per continuare i propri studi. Nel 391 Si consacrò alla vita
religiosa e nel 396 venne eletto per acclamazione popolare vescovo
dIppona. Nei suoi quarant'anni dapostolato diffuse la
dottrina cattolica nella sua città a rischio della sua stessa
vita. Dotto teologo, è stato il primo filosofo morale della
religione Cristiana. I principi della Sua dottrina nascono DaL Cristo
e dalle Sacre Scritture nelle quali a differenza degli altri scritti,
non sono possibili critiche o interpretazioni. Il pensiero di Sant'Agostino
riguarda il problema del peccato e della Grazia come unico mezzo
di salvezza. Sostenne contro il manicheismo, la libertà dell'uomo,
il carattere personale della responsabilità etica e la negatività
del male. Sviluppò dal punto di vista filosofico il tema dell'interiorità,
in particolare sostiene che è nell'intimità della propria
coscienza che si scopre Dio. Tra le sue opere: "Le Confessioni",
narrazione dei suoi errori di giovinezza e della sua conversione
(397-400) e "La città di Dio" (412-426), quadro della
lotta tra il cristianesimo e il paganesimo traslata nella lotta
tra la città divina e la città terrena. Morì nel
430, durante un assedio dei Vandali. Anche oggi le «Confessioni»
di sant'Agostino sono molto lette e, ricche qual sono d'introspezione
e di passione religiosa, operano in profondità, scuotono e
commuovono. E non solo i credenti. Anche chi non ha la fede, ma
va cercando una certezza almeno che gli permetta di capire se stesso,
le sue aspirazioni profonde, i suoi tormenti, trova vantaggioso
leggere quest'opera. La conversione di sant'Agostino, dominata dal
bisogno di trovare la verità, ha molto da insegnare agli uomini
d'oggi così spesso smarriti di fronte al gran problema della
vita. Si sa che questa conversione ebbe un cammino del tutto singolare,
perché non si trattò di una conquista della fede cattolica,
ma di una riconquista. Egli l'aveva perduta, convinto, nel perderla,
di non abbandonare Cristo, bensì solo la Chiesa. Infatti, era
stato educato cristianamente da sua madre, la pia e santa Monica.
In forza di quest'educazione Agostino restò sempre non solo
un credente in Dio, nella provvidenza e nella vita futura, ma anche
un credente in Cristo, il cui nome «aveva bevuto», comegli
dice, «con il latte materno».
Tornato alla fede della Chiesa cattolica, egli dirà di essere
tornato alla religione «che mi era stata instillata da bambino
e fatta entrare fin nelle midolla». Chi vuol capire la sua
evoluzione interiore e un aspetto, forse il più profondo, della
sua personalità e del suo pensiero, deve partire da questa
constatazione. Il primo errore consisteva dunque in un certo spirito
razionalista per cui si persuase «di dover seguire non coloro
che comandano di credere, ma coloro che insegnano la verità».
Con questo spirito lesse le sacre Scritture e si sentì respinto
dai misteri che esse contengono, misteri che occorre accettare con
umile fede. Parlando poi al suo popolo di questo momento della vita
egli disse: «Io che vi parlo fui ingannato un tempo, quando
da giovane mi avvicinai per la prima volta alle sacre Scritture.
Mi avvicinai non con la pietà di chi cerca umilmente, ma con
la presunzione di chi vuol discutere... Misero me, che mi credei
idoneo al volo, abbandonai il nido e caddi prima di poter volare!».
Fu allora che s'imbatté nei manichei, li ascoltò, li seguì.
Accortosi dopo lunghi anni di studi, particolarmente di studi filosofici,
di essere stato ingannato, ma, per effetto della propaganda manichea,
sempre convinto che nella Chiesa cattolica la verità non ci
fosse, cadde in un profondo scoramento e disperò affatto di
poter trovare la verità: «gli accademici tennero a lungo
il timone della mia nave in mezzo ai flutti».Da questo pericoloso
atteggiamento lo sollevò lo stesso amore per la verità
che albergava sempre nel suo animo. Si convinse che non è possibile
che alla mente umana sia chiusa la via della verità; se non
la trova, è perché ignora e disprezza il metodo per cercarla.
Confortato da questa convinzione egli disse a se stesso: «Ma
no, cerchiamo con maggior diligenza anziché disperare»;
continuò quindi a cercare, e questa volta, guidato dalla grazia
divina che la madre implorava con preghiere e lacrime, raggiunse
il porto. Comprese che ragione e fede sono due forze destinate a
cooperare insieme per condurre l'uomo alla conoscenza della verità,
che ognuna di loro ha un suo primato: temporale la fede, assoluto
la ragione - «per importanza viene prima la ragione, in ordine
di tempo l'autorità (della fede) » -. Comprese che la
fede per essere sicura richiede un'autorità divina, che questa
autorità non è altro che quella di Cristo, sommo maestro
- di questo ,Agostino non aveva mai dubitato -, che l'autorità
di Cristo si ritrova nelle sacre Scritture, garantite dall'autorità
della Chiesa cattolica.
A questo punto poteva dirsi arrivato, invece non lo era ancora;
le insidie di un nuovo errore lo avvolsero. Fu la presunzione di
poter arrivare al possesso beatificante della verità con le
sole sue forze naturali. Un'esperienza personale fallita lo dissuase.
Comprese allora che altro è conoscere la meta, altro arrivarci.
Per trovare la forza e la via necessarie, «mi buttai con la
massima avidità», scrive egli stesso, «sulla venerabile
Scrittura del tuo Spirito, e prima di tutto sull'apostolo Paolo».
Nelle lettere di Paolo scoperse Cristo maestro, come sempre lo aveva
venerato, ma anche Cristo redentore, Verbo incarnato, unico mediatore
tra Dio e gli uomini. Allora gli apparve in tutto il suo splendore
«il volto della filosofia»: era la filosofia di Paolo
che ha per centro Cristo, «potenza e sapienza di Dio»
(1Cor 1,24), e che ha altri centri: la fede, l'umiltà, la grazia;
quella «filosofia» che è insieme sapienza e grazia,
per cui diventa possibile non solo conoscere la patria ma anche
raggiungerla. Ritrovato Cristo redentore e afferratosi a lui, Agostino
era tornato al porto della fede cattolica, alla fede in cui era
stato educato da sua madre: «Avevo udito parlare sin da fanciullo
della vita eterna, che ci fu promessa mediante l'umiltà del
Signore Dio nostro, sceso fino alla nostra superbia». L'amore
per la verità, sostenuto dalla grazia divina, aveva trionfato
di tutti gli errori. Sennonché il cammino non era ancora concluso.
Nell'animo di Agostino rinasceva un antico proposito, quello di
consacrarsi totalmente alla sapienza una volta che l'avesse trovata,
di abbandonare cioè, per possederla, ogni terrena speranza.
Ora egli non poteva portare più scuse: la verità tanto
bramata era ormai certa. Eppure esitava, cercando ragioni per non
decidersi a farlo. I vincoli che lo legavano alle speranze terrene
erano forti: gli onori, i guadagni, le nozze; specialmente, date
le abitudini contratte, le nozze. Non già che gli fosse proibito
sposarsi - Agostino questo lo sapeva bene - ma non voleva essere
cristiano cattolico se non in questo modo: rinunciando anche all'ideale
vagheggiato della famiglia e dedicandosi con «tutta» l'anima
all'amore e al possesso della sapienza. A prendere questa decisione,
che corrispondeva alle sue aspirazioni più profonde ma contrastava
con le abitudini più radicate, lo stimolava l'esempio di Antonio
e dei monaci che si andavano diffondendo anche in Occidente, di
cui venne fortuitamente a conoscenza. Egli si chiedeva con grande
vergogna: «Non potrai fare anche tu ciò che fecero questi
giovani, queste donne?». Ne nacque un dramma interiore, profondo
e lacerante, che la grazia divina condusse a buon fine.
Ma quando una più profonda riflessione scrive
egli ebbe tratta su dal fondo misterioso e accumulata al
cospetto della mia anima tutta quanta la mia miseria, si scatenò
una tempesta violentissima, recando un immenso nembo di lacrime;
e per scaricarlo tutto insieme con il suo frastuono, malzai
e mi allontanai da Alipio , tanto da non essere disturbato dalla
sua presenza, ché il bisogno di piangere esigeva una solitudine
maggiore.Egli intuì il mio stato danimo e rimase seduto
al suo posto pieno di stupore. Io ,non so come, mi buttai a terra,
sotto un fico , e lasciai scorrere le lacrime che proruppero a fiumi
fuori dai miei occhi , sacrificio a te gradito ripetutamente esclamando
a te << e tu o Signore fino a quando? Vorrai tu essere adirato
per leternità? Non ricordare le iniquità nostre
antiche>>così dicevo perché sentivo di essere
prigioniero delle mie iniquità. Così dicevo ,piangendo
col cuore pieno di desolazione amarissima.Perciò ritornai in
fretta al luogo dove era seduto Alipio : ché ivi avevo posato
il libro dellApostolo, quando mero alzato. Lafferrai
laprii e lessi il versetto che per primo mi venne sottocchio<<Non
nelle crapule e nelle ubriachezze, non nelle morbidezze e nelle
disonestà ,non nella discordia e nellinvidia: ma rivestitevi
del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne nelle
sue concupiscenze >> Non volli leggere più avanti , né
vera bisogno: ché giunto alla fine del passo, mi balenò
nel cuore come una luce di serenità , che fece scomparire tutte
le tenebre dellincertezza.
Ecco come Agostino narra a sua madre la serena e forte decisione:
«Ci rechiamo da mia madre e le riveliamo la decisione presa:
ne gioisce; le raccontiamo lo svolgimento dei fatti: esulta e trionfa.
E cominciò a benedirti perché puoi fare più di quanto
chiediamo e comprendiamo (Ef 3,20). Vedeva che le avevi concesso
a mio riguardo molto più di quanto ti aveva chiesto con tutti
i suoi gemiti e le sue lacrime pietose. Infatti mi rivolgesti a
te così appieno, che non cercavo più né moglie né
avanzamenti in questo secolo». Da quel momento incominciava
per Agostino una vita nuova: terminò l'anno scolastico - le
vacanze della vendemmia erano vicine -, si ritirò nella solitudine
di Cassiciaco; al termine delle vacanze rinunciò all'insegnamento,
tornò a Milano agli inizi del 387, s'iscrisse tra i catecumeni,
e nella notte del sabato santo - 23/24 aprile - fu battezzato dal
vescovo Ambrogio dalla cui predicazione aveva tanto imparato. «E
fummo battezzati, e si dileguò da noi l'inquietudine della
vita passata. In quei giorni non mi saziavo di considerare con mirabile
dolcezza i tuoi profondi disegni sulla salute del genere umano».
E aggiunge manifestando l'intima commozione dell'animo: «Quante
lacrime versai ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che
risuonavano dolcemente nella tua Chiesa».Dopo il battesimo
l'unico desiderio di Agostino fu quello di trovare un luogo adatto
dove poter vivere insieme con i suoi amici secondo il «santo
proposito» di servire il Signore. Lo trovò in Africa,
a Tagaste, suo paese natale, dove giunse dopo la morte della madre
a Ostia Tiberina e la permanenza di alcuni mesi a Roma per studiare
il movimento monastico. Giunto a Tagaste, «rinunciò ai
suoi beni e, insieme con quelli che erano uniti a lui, viveva per
Dio nei digiuni, nelle preghiere, nelle buone opere, meditando giorno
e notte la legge del Signore». L'appassionato amante della
verità voleva dedicare la sua vita all'ascetismo, alla contemplazione,
all'apostolato intellettuale. Il primo biografo aggiunge infatti:
«E delle verità che Dio rivelava alla sua intelligenza
faceva parte ai presenti e agli assenti, ammaestrandoli con discorsi
e con libri».
A Tagaste scrisse libri e libri, come aveva fatto a Roma, a Milano,
a Cassiciaco. Dopo tre anni scese a Ippona con l'intento di cercare
un luogo dove fondare un monastero e d'incontrare un amico che sperava
di guadagnare alla vita monastica, e trovò invece, suo malgrado,
il sacerdozio. Ma non rinunciò al suo ideale: chiese e ottenne
di fondare un monastero: il «monasterium laicorum», in
cui visse, e da cui uscirono molti sacerdoti e molti vescovi per
tutta l'Africa. Diventò, dopo cinque anni, vescovo, trasformò
l'episcopio in monastero: il «monasterium clericorum».
L'ideale concepito al momento della conversione non lo lasciò
cadere mai, neppure da sacerdote e da vescovo. Scrisse anche una
regola «ad servos Dei», che tanta parte ebbe e ha nella
storia della vita religiosa occidentale.
http://www.augustea.it/dgabriele/italiano/san_agostino.htm
http://enrosadira.net/santi/a/agostino.htm
(tratto da trenta giorni)
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